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La solitudine tra scelta di vita e condanna

la solitudine

“Senza solitudine non c’è relazione, se non sai stare da solo « non sai stare con nessun altro, se non sai stare con l’altro non sai stare
con te stesso.” Questa è l’essenziale ambivalenza del nostro esistere» dice Giorgio Nardone nel suo libro La solitudine, capirla e gestirla per non sentirsi soli. Il primo passo per analizzare la solitudine è guardarla come una moneta con le sue distinte facce: il suo essere scelta e ricercata o,
al contrario, essere subita e rifuggita. Nel primo caso abbiamo ciò che i mistici per primi, poi i filosofi e gli scienziati e infine gli psicologi definiscono la via privilegiata per raggiungere stati elevati di coscienza, per mettere in opera capacità creative e intuitive superiori. Nel secondo caso c’è la solitudine disperata e disperante di chi si sente rifiutato, di chi ha difficoltà a relazionarsi con gli altri, di chi ha perso persone care o il proprio ruolo sociale, del malato e del morente, di tutte quelle condizioni di
abbandono a se stessi, di smarrimento, di estraneità e non esistenza per gli altri. Questa visione appare ad un primo approccio manichea perché divisa in due poli: uno positivo, quello della solitudine scelta che conduce all’elevazione e alla rottura degli schemi per uscirne più forti; l’altro negativo dove la solitudine subita può diventare una condanna. Ci sono studi che dimostrano quanto la solitudine sia necessaria per lo sviluppo di capacità mentali e comportamenti evoluti; altre ricerche mettono in evidenza la carica patogena della solitudine in quadri clinici importanti. Ecco allora che la solitudine appare come un fenomeno ambivalente. Molti sono i casi dove la solitudine diventa il meccanismo difensivo in disturbi psicopatologici strutturati: la solitudine disperata nella depressione, il ritiro
sociale nelle anoressie, l’evitamento dell’esposizione nelle fobie sociali, l’isolamento progressivo nel disturbo ossessivo-compulsivo o l’isolamento nella paranoia. In altre patologie, invece, la solitudine viene evitata: come nell’ipocondria (l’ossessione fobica di ammalarsi), la persona tende ad
attorniarsi di persone e specialisti di fiducia per essere rassicurati. Lo stesso vale per il ben noto e diffuso disturbo da attacchi di panico dove la persona non riesce a stare da sola per paura di sentirsi male e di morire. Questi sono solo alcuni esempi di disagi e disturbi, ma l’elenco non finisce qui. La cura della solitudine sofferta s’intreccia allora con la cura delle diverse
psicopatologie a seconda di come può influenzarle o esserne influenzata. Oggi però si assiste ad un altro fenomeno emergente per far fronte alla solitudine: l’ipersocialità, una propagazione epidemica di questo
modello di relazione con gli altri per sfuggire alla solitudine sofferta anzitutto dagli adolescenti, per i quali vige lo stigma “se sei da solo sei sfigato” cioè uno da evitare. Ne consegue che la maggior parte dei giovani non esce se non ha la garanzia di una compagnia. Anche numerosi adulti applicano una sorta di equazione: solitudine sofferta significa mancanza di relazioni, pertanto se sei in compagnia non soffri.
Pensiamo ad esempio al rito dell’aperitivo diventato irrinunciabile per molti − giovani e meno giovani − che tanto ha pesato come uno dei comportamenti a rischio per il contagio in questo dannato periodo di
pandemia ma anche come spia del bisogno disperato di far fronte alla paura della solitudine. Il paradosso è che la solitudine assoluta non esiste: ognuno di noi rimane sempre in relazione con se stesso, con gli altri e con il mondo che lo circonda. Seneca scriveva: «Il saggio basta a se stesso». Coltivare la capacità di saper stare bene da soli è necessario per avere relazioni migliori con gli altri. Inoltre, recita il pensiero di un anonimo, “il privilegio di saper stare bene da soli ti regala quello più pregiato di poter scegliere con chi stare”.
Di tutto questo si è recentemente parlato in un interessante simposio e seminario clinico condotto dal professor Giorgio Nardone e tenutosi online l’8 e il 9 novembre scorsi.

Libri consigliati: G.Nardone “Le emozioni, istruzioni per l’uso” 2020A.Bartoletti “Pensieri brutti e cattivi” 2019G.Nardone “Cavalcare la propria tigre”2003; L.Ariosto “Orlando Furioso” 1526. E.Muriana, T.Verbitz ” Se sei paranoico non sei mai solo. Dalla sospettosità al delirio paranoico” Alpes ed.2017E.Muriana, L.Pettenò, T.Verbitz “I volti della depressione” 2006E.Muriana,T.Verbitz “Psicopatologia della vita amorosa” 2010.