Giulia ha 26 anni e una vita praticamente normale: genitori, un lavoro, un fidanzato, un cane…. Un giorno era al supermercato, quando a un certo punto si è sentita un po’ “strana”. Si è accorta di avere il battito cardiaco molto accelerato, ha iniziato a sentire che le mancava l’aria, ha cominciato a sudare, la testa confusa, paura di svenire … di colpo si è sentita inerme e senza forze e si è aggrappata con forza alla sua amica: «Aiutami! Sto per avere un infarto!». Spaventata, l’amica la fa sedere e chiede aiuto. Dopo circa mezz’ora, arriva un’ambulanza e il medico procede con i suoi accertamenti. Fortunatamente, Giulia non ha nulla… o meglio ha avuto un attacco di panico…. che funziona proprio così: dopo un’improvvisa accelerazione delle reazioni fisiche incomprensibili e incontrollabili…, tutto finisce, lasciando la stessa sensazione di devastazione prodotta da un terremoto, in questo caso psicologico. Fino alla prossima volta. Due tre minuti di terrore inspiegabile e poi l’immensa paura, il panico, è finita lasciando spossatezza e disorientamento.
Il panico viene da più parti definito come la forma più estrema della paura che, se al di sotto di una certa soglia rappresenta una risorsa che consente di allertare l’organismo di fronte a situazioni pericolose, al di sopra di questo limite diviene patologica.
Durante un attacco di panico, la persona è terrorizzata dalle sue stesse sensazioni di paura nei confronti delle reazioni fisiche minacciose che tenta di combattere con la volontà, inefficacemente. Ciò che spaventa di più comincia a non essere più la paura in se stessa, ma la reazione di perdita di controllo organica. Così l’eccesso di allarme attiva le reazioni fisiche temute, aumentandole; l’effetto dunque si trasforma in causa. Si crea paradossalmente un tilt psicofisiologico. Questa è la persistenza del problema che può trasformare la paura in sintomo e, un sintomo in un vero e proprio disturbo strutturato: il solo pensiero del panico, può creare l’attacco di panico. L’ansia avrebbe la funzione di controllare la paura che diventa panico.
L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), nel 2000, ha definito il disturbo da panico come la più importante patologia esistente, colpendo il 20% della popolazione.
Analizzando le reazioni più usuali a una percezione di intensa paura, si osservano infatti alcune costanti ridondanze nelle diverse persone e situazioni: evitare o sfuggire ciò che spaventa, la ricerca dell’aiuto e protezione e il tentativo di tenere sotto controllo le reazioni psicofisiologiche.
Il protocollo di intervento per gli Attacchi di Panico studiato da Giorgio Nardone e collaboratori – esito di uno studio studio valutativo condotto al Centro di Terapia Strategica nel 2000, su 3482 casi trattati, di cui oltre il 70% soffriva di attacchi di panico – ha evidenziato un’efficacia terapeutica del 95% e con una durata dei trattamenti ridotta a sette sedute. Da allora sono stati trattati migliaia di casi con successo dai ricercatori del CTS, con tasso medio di esiti positivi nelle statistiche internazionali che supera l’85%. Ma il dato più stupefacente è che i pazienti si liberano dell’invalidante disturbo nel giro di 3-6 mesi e che tali risultati, come dimostrano le misurazioni di follow-up dopo la fine delle terapie, si mantengono nel tempo in assenza di ricadute e spostamenti del sintomo.