“L’occhio è il punto in cui si mescolano anima e corpo” diceva C. F. Hebbel, poeta e drammaturgo tedesco del 1800. Mai come in questo periodo la nostra comunicazione passa prevalentemente attraverso lo sguardo. La nostra faccia è segregata dalle mascherine che ci proteggono dall’ incubo del contagio dell’’invisibile virus che potrebbe portarci ad ammalarci di Covid19. Pittori di tutte le epoche e poi fotografi, hanno cercato nelle loro opere di fissare stati d’animo come odio, paura, amore, il piacere ,il dolore, il disgusto.. attraverso le varie espressioni dello sguardo. La vista e lo sguardo sono sempre stati nella nostra cultura il canale sensoriale prevalente di conoscenza immediata, ora lo è ancora di più.
Tutti sentiamo che uno sguardo può crearci…..
dubbi, confermarci certezze, accarezzarci, sedurci, ammaliarci, provocarci… la lista dei possibili effetti è pressoché illimitata… e non possiamo ignorare quanto sia importante la gestione dello sguardo per stabilire una buona relazione.. Quando conosciamo una nuova persona – gli studi ci dicono- che bastano i primi 30secondi per farci un’opinione negativa o positiva della persona che abbiamo di fronte.
E’ “ l’effetto prima impressione”
cioè la percezione immediata senza la mediazione dei processi cognitivi coscienti. Tale inconsapevole opinione andrà ad influenzare successivamente il giudizio su quella persona. Il rischio in questi casi è proprio quello di andare a ricercare poi proprio quegli elementi positivi o negativi che confermino la nostra prima impressione. Molte persone rimangono imbrigliate in questa loro prima percezione dell’altro, deviando così inesorabilmente le possibilità dell’incontro. Questo processo percettivo è ben riassunto dall’aforisma di Oscar Wilde “ non avrai una seconda occasione per fare una buona impressione”.
Evitare il contatto oculare con una persona significa
comunicare disinteresse o rifiuto, ma anche comunicare il mio disagio. Chi teme l’incontro con l’altro perché si ritiene timido, cerca di controllarsi perchè teme di arrossire in viso o di tremare con le mani; poi c’è chi evita le frequentazioni perché si trova spesso in uno stato di “non so cosa dire ”. Il fobico sociale che teme che gli altri si accorgano delle sue difficoltà è colui che ha trovato rassicurazione da questa relazionalità “protetta” dalle mascherine.
Fissare con lo sguardo persistente invece
mette a disagio l’interlocutore: se è una persone mite e remissiva si sentirà sottomessa e quasi violentata e tenderà a sfuggire dalla relazione. Oppure potrà interpretare lo sguardo persistente come un comportamento malevolo nei suo confronti e sfuggirlo per difesa. Al contrario una persona sicura di sé si può sentire provocata e ricambierà con uno sguardo diretto contro quello ricevuto attivando una sorta di duello che può diventare sfida aggressiva.
E ancora ci sono sguardi amorevoli:
pensiamo a tutti coloro che si stanno occupando di qualcun altro a diversi livelli, dai genitori ai sanitari, dagli insegnanti a tutti quelli che si adoperano per aiutare chi ha bisogno. In questo periodo abbiamo imparato ad essere più consapevoli di “parlare con lo sguardo” che esprime vicendevole gratitudine, commozione, solidarietà, sintonia ed empatia. Alcuni sono stati sollevati dal rischio relazionale della vicinanza e comunicano più facilmente con la distanza che li difende dal disagio e dalla paura del rifiuto. La mascherina, paradossalmente, risaltando lo sguardo, ci mette più a contatto con gli altri rispetto a prima.
Dagli studi clinici sappiamo che la maniera più efficace per sentirsi e mettere l’altro a proprio agio è avere uno sguardo fluttuante come si guarda un’opera d’arte, in modo da favorire l’incontro.
Ora, più di prima l’abbraccio e il rifiuto arrivano meno attraverso il tono della nostra voce e più dall’intensità o l’elusione dello sguardo. Però ricordiamo che più la nostra voce è rispettosa dell’altro più viene percepita in modo intenso. “Chi non sa comprendere uno sguardo non potrà capire lunghe spiegazioni “ ( Proverbio arabo).
Libri consigliati:
E.Muriana, T.Verbitz, L.Pettenò “I volti della depressione” 2006
E.Muriana, T.Verbitz “Psicopatologia della vita Amorosa” 2010
E.Muriana, T.Verbitz “ Se sei paranoico non sei mai solo” 2017