Il Mental Research Institute (MRI) a Palo Alto California U.S.A.
Tutto inizia da qui: Il Mental Research Institute (MRI) nasce a Palo Alto nel Settembre del 1958 grazie alle intuizioni di Donald D. Jackson, psichiatra brillante e inventivo, che fonda un istituto dedicato agli studi sui processi interazionali sistemici, cioè studi sulla reciproca influenza, azione e reazione, nella comunicazione tra le persone. Una vera novità: dallo studio del sintomo allo studio del ruolo della comunicazione umana nel disagio psichico e nella malattia mentale. D.D. Jackson collabora con Gregory Bateson, antropologo, che sposta i suoi studi dall’etnologia all’epistemologia della comunicazione. La cibernetica, nuova materia multidisciplinare, apporta strumenti nuovi per studiare i sistemi interattivi di cui la comunicazione umana fa parte. Loro sono le due figure di spicco che videro nei fenomeni della comunicazione la chiave e la spiegazione di tutti i comportamenti umani. Nel 1962 viene fondata la rivista “Family process” di cui D.D. Jackson e J Haley furono i primi direttori.
Parallelamente, le altre importanti scuole di pensiero della psicologia, psichiatria compresa mantenevano, allora come oggi, l’orientamento positivista di cercare la causa prima del successivo disagio psichico. Il freudiano trauma psichico inconscio, ben si è coniugato con il modello medico di eziologia, cioè lo studio delle cause delle malattie secondo una logica di causa-effetto, concetto che indica la relazione tra due fenomeni (o classi di fenomeni), nel caso in cui il primo fenomeno, detto causa, è motivo di esistenza del secondo, detto effetto.
Nel 1967 al Mental Research Institute viene fondato il Brief Therapy Center da clinici e ricercatori multidisciplinari che già collaboravano con Il M.R.I.
John Weakland, ingegnere chimico e allievo di G.Bateson, per 18 anni ha studiato, confrontandosi direttamente con lui il lavoro di Milton Erickson; Richard Fisch, psichiatra newyorkese, trasferitosi all’M.R.I.; Paul Watzlawick, filosofo, psicologo di formazione psicoanalitica, esperto di linguaggio e logica; Artur Bodin, psicologo, a quel tempo presidente della sezione californiana dell’Amercian Psychological Association. Tra le persone che a quel tempo lavoravano al M.R.I. ricordiamo Virginia Satir psicologa, la più nota terapeuta familiare americana, Jules Riskin, C. Sluszki e Cloe Madanes, che fu asssitente di Paul Watlzawick, e molti altri… Il Brief Therapy Center era un progetto per la sperimentazione di tecniche terapeutiche innovative. La multidisciplinarità dei componenti dell’M.R.I. fece di questo Istituto una organizzazione indipendente dedicata alla ricerca, alla formazione e all’attività clinica. Gli studi di quel periodo mettono in evidenza l’importanza delle relazioni familiari patogene nella genesi dei problemi e dei disturbi mentali. Da qui prende l’avvio di un nuovo modo di trattare i problemi e i disturbi mentali con la famiglia del paziente.
La terapia sistemica (familiare) diventa famosa in tutto il mondo grazie agli studi pubblicati nel libro “La Pragmatica della comunicazione umana” (1967) di Paul Watzlawick, J. H. Beavin, D. D. Jackson, la bibbia per chi si occupa degli effetti, pragmatici, cioè concreti, della comunicazione nelle persone. Come si dicono le cose, cioè come chi comunica crea effetti diversi in chi riceve la comunicazione. È esperienza di tutti non sentirsi feriti da chi, con attenzione è capace di dirci cose spiacevoli e invece reagire con impulso con chi ci comunica una sciocchezza come essere sollecitati con un clacson ad un semaforo….
La rivoluzione di quegli anni fu il costrutto di Tentata Soluzione Disfunzionale, elaborato al Brief Therapy Center del Mental Research Institute di Palo Alto: si riferisce alla tendenza delle persone a reiterare gli stessi tentativi di soluzione nonostante si stiano dimostrando inefficaci. In altri termini, ogni tentativo fallimentare di soluzione, se ripetuto nel tempo, va a consolidare, invece di risolvere, il problema iniziale; sostituendosi alle cause originarie per diventare esso stesso causa della persistenza del problema. Cambia il modo di osservare il problema psicologico, dalla ricerca della causa prima (eziologia) allo studio del processo – pensieri, azioni e reazioni – che mantiene la disfunzionalità fino a farlo diventare patologia. Possiamo descrivere elegantemente questo paradosso con le parole di Paul Watzlawick: “La (tentata) soluzione diventa il problema”.
Quando una persona ha un problema, cerca e mette in atto una soluzione, se non funziona riprova finché non arriva alla soluzione. Questa è il caso più frequente: gran parte di noi ha la capacità di risolvere da solo le migliaia di problemi grandi e piccoli che incontriamo nel nostro percorso di vita. In alcuni casi però non riusciamo a trovare la soluzione giusta e la tentata soluzione può addirittura peggiorare il problema. Tutti coloro che hanno sperimentato un problema impedente, come una semplice fobia – ad esempio la paura dei piccioni, di guidare l’auto, di rimanere chiusi in ascensore…- sanno che capire la causa non serve per la soluzione e lo sforzo di volontà non è sufficiente a superare la paura. Sì perché la fobia è una paura incontrollabile. A niente serve il richiamo razionale alla realtà.. o sermoni di persuasione empirica. Così la persona comincia ad evitare ciò che crea il panico oppure a chiedere aiuto per poter affrontare ciò che temono. Ecco le tentate soluzioni disfunzionali che mantengono il problema – evitare e chiedere aiuto – che se reiterate nel tempo confermano e peggiorano la situazione fino ad arrivare ad un severo disturbo di ordine psicopatologico.
Paul Watzlawick pubblica nel 1974 “Change” dove si illustra l’innovativo approccio clinico e terapeutico; questa opera propone un modello basato sulla logica della formazione, della persistenza e della soluzione dei problemi e risente dell’influenza di Milton Erickson, tanto che questi ne scrive la prefazione. A partire da questi studi, fu costituito il background di quel metodo psicoterapeutico conosciuto come approccio strategico, i cui pilastri principali erano lo studio della comunicazione umana e l’ipnosi senza trance durante il colloquio clinico.
È il 1985 quando Paul Watzlawick, John Weakland, e Giorgio Nardone, giunto a Palo Alto come filosofo della scienza, iniziarono ad elaborare tecniche innovative per l’intervento su un’ area di patologia poco esplorata dal modello tradizionale del M.R.I.
Uno studio importante che parte dalla pratica clinica sui disturbi fobici e ossessivi che porta a definire le prerogative epistemologiche-teoriche, cioè lo studio dei metodi per raggiungere tale conoscenza e relative applicazioni per intervenire. Si delineano il metodo della ricerca, la logica di problem solving strategico e le strategie di comunicazione terapeutica.
Iniziano a formulare, in maniera del tutto originale, il modello di Terapia Breve Strategica distinguendolo dalle altre forme di psicoterapia breve di stampo sistemico, dall’ipnosi ericksoniana e dai modelli di tipo cognitivo-comportamentale.
Nel 1987 la collaborazione tra Giorgio Nardone e Paul Watzlawick diventa sempre più stretta fino alla fondazione congiunta del Centro di Terapia Strategica di Arezzo quale Istituto di ricerca, training e Psicoterapia, per lo sviluppo e l’evoluzione del modello della Scuola di Palo Alto verso una tecnologia terapeutica più avanzata, che calzasse alle specifiche forme di psicopatologia. Ovvero passare da un modello generale a tecniche specifiche.
Nel 2000, durante un convegno internazionale Paul Watzlawick afferma che la scuola di Palo Alto si è trasferita ad Arezzo, proprio in virtù del fatto che, mentre in questa sede, fiorivano ricerche, applicazioni e risultati. presso la sede originale, l’M.R.I, si stava esaurendo ogni tipologia sia di ricerca che di applicazione evolutiva del modello.
Il tutto dette l’avvio a quella che poi sarà la moderna evoluzione della Psicoterapia Breve Strategica, presentata al largo pubblico nel 1990 attraverso la pubblicazione, manifesto dell’approccio evoluto, “L’arte del cambiamento. Manuale di terapia strategica e ipnoterapia senza trance”, scritto da Giorgio Nardone e Paul Watzlawick, tradotto in oltre venti lingue con centinaia di differenti edizioni.
Il Centro di Terapia Strategica di Arezzo: l’equipe dei ricercatori, la ricerca clinica, e la Scuola di Specializzazione
La scuola di formazione del modello di Psicoterapia Breve Strategica di Arezzo, già attiva dal 1988, viene riconosciuta dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) come Scuola Quadriennale di Specializzazione post-laurea in Psicoterapia Breve Strategica (d.m. 20.11.2000).
Una delle peculiarità che distinguono la psicoterapia breve strategica dalle forme tradizionali di psicoterapia è chepermette di sviluppare interventi basati su obiettivi prestabilitie sulle caratteristiche specifiche del problema in questione, anziché su teorie rigide e precostituite. Inoltre ogni tipo di patologia è concepita non come una malattia biologica da guarire, bensì un equilibrio disfunzionale da trasformare in funzionale.
Un altro aspetto fondante della psicoterapia breve strategica è quello di spezzare la specifica rigidità patologica del disturbo o del problema attraverso l’esperienza emozionale correttiva. Il costrutto, formulato da Franz Alexander nel 1946, indica che il cambiamento terapeutico si può realizzare solo dopo esperienze emozionali correttive che concretamente facciano sperimentare al soggetto di poter fronteggiare ciò che crede di non essere capace di fare. Tale esempio rende merito a un altro concetto terapeutico appreso dai maestri Paul Watzlawick e John Weakland, quello di evento casuale pianificato, ovvero l’idea che per effettuare cambiamenti terapeutici rapidi e concreti fossero necessarie manovre comunicative o prescrizioni elaborate tali da creare nella vita del paziente esperienze correttive che gli apparissero casuali mentre in realtà sono stratagemmi pianificati dal terapeuta.
La soluzione del problema, attraverso la psicoterapia breve strategica è rappresentata, pertanto, da strategie e stratagemmiin grado di far cambiare alla persona le proprie tentate soluzioni disfunzionali e, grazie a ciò, indurlo a sperimentare concretamente il cambiamento terapeutico; ossia fare in modo che il paziente modifichi effettivamente la percezione delle cose che lo costringevano a reazioni patologiche. In questa direzione appare fondamentale differenziare, per ogni forma di psicopatologia, i modelli logici dell’interazione disfunzionale che alimentano la loro formazione e persistenza, e sulla stessa linea costruire modelli di logica strategica dell’intervento risolutivo. L’efficacia e l’efficienza delle strategie e degli stratagemmi terapeutici costruiti ad hoc per le differenti patologie e la loro replicabilità ci hanno condotto poi ad avere una conoscenza effettiva ed empirica del funzionamento di tali equilibri disfunzionali. Tutto ciò spiega l’affermazione apparentemente paradossale: le soluzioni spiegano i problemi.
Nel 2003 vengono pubblicati i primi risultati dei protocolli, che sono un complesso di regole e procedure specifiche per intervenire e comunicare nelle diverse classi di problema psicopatologico. Vengono posti così all’attenzione scientifica l’ efficacia ed l’efficienza di trattamento per le differenti forme di psicopatologia elaborati e applicati nel decennio precedente su un totale di 3484 pazienti. Risultati: 86% dei casi risolti con una media di 9 sedute. Pensare parlare di efficacia ed efficienza in ambito psicoterapeutico rimane tutt’ora difficile da coniugare con i diversi modelli di intervento!
Il “pragmatismo operativo” del C.T.S. : l’efficacia rappresenta l’unica forma di verità.
La messa a punto dei protocolli – cioè di linee guida nelle varie fasi della terapia di cui il clinico dispone di trattamento della psicopatologia, dimostrano la loro efficacia efficienza e replicabilità. Sono insegnati con rigore alla Scuola di Specializzazione Quadriennale e sono validati continuamente dagli oltre cento ricercatori che li applicano in tutto il mondo e soggetti a monitoraggio e aggiustamento continuo sotto la direzione del prof. Giorgio Nardone. L’uso dei protocolli è diventato il parametro per valutare l’efficacia e l’efficienza degli interventi psicoterapeutici sia nella pratica clinica sia come strumento di sperimentazione. La validazione possiamo ormai confermarla positivamente anche come transculturale, in quanto i diversi Centri di Terapia Breve Strategica Nardone’s model sorti in Stati Uniti, Spagna, Irlanda, Francia, Belgio, Romania, Russia, Paraguay, Colombia, Messico, Costa Rica, Argentina e Cile, confermano percentuali di efficacia equivalenti aggiornati al 2018:
- Disturbi fobici e ansiosi (95% dei casi)
- Disturbi ossessivi e ossessivo-compulsivi (89% dei casi)
- Disordini alimentari (83% dei casi)
- Disfunzioni sessuali (91% dei casi)
- Disturbi dell’umore (82% dei casi)
- Disturbi dell’infanzia e dell’adolescenza (82% dei casi)
- Disturbi legati alla dipendenza da internet (80% dei casi)
- Presunte psicosi, compensazione di disturbo borderline e di personalità (77% dei casi)
Tutti i pazienti sono invitati a seguire un rigoroso follow-up, cioè controlli cadenzati programmati per un anno dalla fine della terapia, ai fini di consolidare il cambiamento oltre a fornirci dati concreti per la ricerca.
Le radici non sono la chioma
Così le nostre radici sono al Mental Research Institute e al Brief Therapy Center, ma il Centro di Terapia Strategica di Arezzo è diventato la chioma di un albero maestoso, con un modello teorico-operativo importante, nutrito di studi di logica, cibernetica e problem solving, decisamente diverso dall’originario. Dallo studio delle ridondanze delle Tentate Soluzioni Disfunzionali del M.R.I. ai protocolli studiati al CTS, sorretti dagli stratagemmi terapeutici idonei a sbloccare la percezione disfunzionale del paziente con la realtà. Inoltre, un’altra caratteristica discriminante rispetto al M.R.I. è la particolare importanza al processo di consolidamento del processo terapeutico: una volta rotto l’equilibrio patogeno dobbiamo ricostruirne un altro funzionale, sviluppando nel paziente la consapevolezza delle proprie risorse. Il paziente deve sentire di essere stato capace di liberare la mente dalle proprie prigioni. Un modello complesso, operativamente chiaro: Psicoterapia Breve Strategica Evoluta Nardone’s model basato sul “pragmatismo operativo” (Nardone & Salvini, 2013) ove l’efficacia rappresenta l’unica forma di verità.
La ricerca è la nostra guida e il nostro guardiano: un’attività libera, aperta, etica, di sperimentazione continua, che punta a sviluppare e condividere conoscenze sposando il rigore per creare una tecnologia psicologica. Le numerose pubblicazioni cliniche del direttore del CTS, prof. G, Nardone e dei ricercatori del CTS, hanno portato contributi alla comunità scientifica insieme ad un impegno di divulgazione.
La Scienza della Performance
Il Modello di Problem Solving Strategico è un metodo operativo per realizzare i cambiamenti e raggiungere obiettivi prefissati anche in contesti non clinici. Recentemente è stato sistematizzata una nuova branca di ricerca empirico- operativa chiamata Scienza della Performance, una sintesi originale di psicologia, neuroscienze e terapia breve strategica che si occupa di mettere in condizioni di migliorare raggiungere e superare le prestazioni del performer, sia esso uno sportivo, un artista uno scienziato o un manager ecc..
Molte sono le scuole e i centri che in Italia e nel mondo che si definiscono di Terapia Breve Strategica ma che al momento non hanno apportato evoluzioni epistemologicamente significative sia di ricerca che di clinica e sono rimaste ancorate a quella che possiamo definire la preistoria, del prestigioso Mental Research Instiute che ormai non esiste più. Il giovane albero non innaffiato da idee si è spento proprio per mancanza di menti brillanti, di ricerca ed evoluzione.
Emanuela Muriana, psicoterapeuta
Ricercatrice ufficiale e docente didatta del Centro di Terapia Strategica
Bibliografia:
Nardone, G. (2009). Problem solving strategico da tasca: L’arte di trovare soluzioni a problemi irrisolvibili. Ponte alle Grazie: Milano.
Nardone, G. & Salvini A. (2013). Dizionario internazionale di psicoterapia. Milano: Garzanti.
Nardone, G. & Watzlawick, P. (1990). L’arte del cambiamento: Manuale di ipnosi senza trance. Milano: Ponte alle Grazie.
Watzlawick, P., Beavin, J. H. & Jackson, D. D. (1967). Pragmatics of human communication: a study on interactional patterns, pathologies and paradoxes. New York: Norton. Trad. it.: Pragmatica della comunicazione umana. Roma: Astrolabio, 1971.
Watzlawick, P., Weakland, J. H. & Fisch, R. (1974). Change: Principles of problem formation and problem resolution. New York: Norton. Trad. it.: Change: La formazione e la soluzione dei problemi. Roma: Astrolabio, 1974
Watzlawick, P. & Weakland, J. H. (eds.) (1974). The interactional view: Studies at the Mental Research Institute, Palo Alto, 1965-1974. New York: Norton. Trad. it.: La prospettiva relazionale: I contributi del Mental Researc Institute di Palo Alto dal 1965 al 1974. Roma: Astrolabio, 1978.
Watzlawick, P. (1977). Die Möglichkeit des Andersseins: Zur Technick der therapeutischen Kommunikation. Bern: Verlag Hans Huber. Trad. it.: Il linguaggio del cambiamento: elementi di comunicazione terapeutica. Milano: Feltrinelli, 1980.
Weakland, J. H. & Ray, W. A. (eds.) (1995). Propagations: Thirty years of influence from the Mental Research Institute. New York: Haworth Press.
Libri consigliati: G.Nardone “Le emozioni, istruzioni per l’uso” 2020; A.Bartoletti “Pensieri brutti e cattivi” 2019; G.Nardone “Cavalcare la propria tigre”2003; L.Ariosto “Orlando Furioso” 1526. E.Muriana, T.Verbitz ” Se sei paranoico non sei mai solo. Dalla sospettosità al delirio paranoico” Alpes ed.2017; E.Muriana, L.Pettenò, T.Verbitz “I volti della depressione” 2006; E.Muriana,T.Verbitz “Psicopatologia della vita amorosa” 2010.