“ Remarsi contro è già un paradosso comportamentale , farlo quando poi si è ad un passo dal raggiungimento del proprio obiettivo è qualcosa che percepiamo come assurdo” dice Giorgio Nardone nel prologo del suo libro “La paura di vincere”.
E’ una condizione psicologica in cui una persona attiva una paradossale resistenza all’idea di raggiungere il successo, prova ansia o timore, nonostante abbia le capacità per farlo. Non solo ma il traguardo raggiunto può avere una reazione contraddittoria: anche il successo può essere disastroso. Questo tipo di paura può manifestarsi in diverse situazioni: nello sport, nello studio, nel lavoro, o in altri contesti competitivi o di realizzazione personale. Nella vita sentimentale può succedere a coloro che preferiscono un partner rassicurante all’amore travolgente per paura di essere traditi; al manager che all’apice della carriera rinuncia a una posizione più elevata; al bravo studente che rinuncia all’ultimo esame, la laurea.
La paura di vincere la dobbiamo considerare, non tanto un fenomeno assurdo, ma un meccanismo biospicologico naturale che interviene prepotentemente quando vincere perturba e incrina il rassicurante pensiero logico-razionale. Meccanismi di difesa psicologici i cui effetti conducono ad una sofferenza maggiore di quella evitata.
Dalle tragedia greche di Eschilo fino a Shakespeare, lo scenario ricorrente è quello dei protagonisti che dopo aver sofferto pene ad un passo dal agognato scopo, per errore o distrazione, falliscono tragicamente. I temi ricorrenti sono:
Paura delle responsabilità: Il successo spesso porta con sé maggiori responsabilità e aspettative, il che può spaventare.
Timore del cambiamento: Vincere può significare un cambiamento significativo nella vita, che non tutti sono pronti ad affrontare.
Paura di essere giudicati: Il successo può attirare l’attenzione e il giudizio degli altri. Alcune persone temono di non essere all’altezza, o di incrinare un’immagine di sé consolidata.
Autostima bassa: chi ha una bassa autostima può credere di non meritare il successo, autosabotandosi.
Ansia da prestazione futura: Il timore di non riuscire a mantenere il successo ottenuto può bloccare le persone.
Accade che quando la paura aumenta vertiginosamente, si inibiscono le nostre funzioni cognitive e il conseguente distacco emotivo per decidere. Così la persona si trova imprigionata ed incapace di esprimere al meglio le proprie capacità. Troviamo varie reazioni a questo stato angoscioso tutte sorrette da “un autoinganno” (bias cognitivo) protettivo.
Quello di squalificare l’obiettivo come qualcosa che non vale più la pena di faticare o soffrire per raggiungerlo = Rinunciare, un atteggiamento ben descritto nella favola “La volpe e l’uva” attribuita a Esopo. Rinunciare per non soffrire.
Convincere gli altri della valutazione raggiunta; potremo dire “convincere gli altri per ingannare e giustificare se stessi” della ragionevole scelta e non di una fuga.
Provare un’inspiegabile delusione per il traguardo raggiunto = esito di un’attesa di soddisfazione mancata, un piacere venuto meno. Frustrazione e senso di smarrimento, solitudine e abbandono ( così come ben descritto da Tomas Mann e G. Leopardi). Il noto Don Giovanni prova un paradossale azzeramento del desiderio dopo aver sedotto una donna.
La fatica e il crollo: accade per gli atleti ma anche in altre situazioni dove lo stress psicofisico genera una forte reazione di allarme e l’organismo che per salvaguardarsi cede. La mancanza di sonno e il riposo insufficiente, non consentono il recupero. A dimostrazione che la natura a volte è più saggia della coscienza umana.
Nella paura di vincere appare chiaro che il contrasto tra volontà ed emozioni sia eclatante. Sono proprio quest’ ultime ad avere la meglio e prevalere creando gli inevitabili fallimenti. Certo, si può intervenire su questa paura invalidante che può cambiare il destino delle persone, attraverso strategie efficaci che permettano alle persone di aggirare resistenze inconsapevoli e affrontare esperienze concrete.