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L’identità di genere in adolescenza

disforia di genere

Il tema dell’identità di genere in adolescenza è complesso e in continua evoluzione. Stando ai dati raccolti tra il 2018 e il 2021 dal Sifip (Servizio per l’adeguamento dell’identità fisica e psichica del San Camillo di Roma), emerge che i casi di disforia di genere (quando un individuo non si indentifica nel proprio sesso biologico) sono aumentati del 315%. 

Ma quali sono i cambiamenti psicosociali che possono aver favorito questo tipo di fenomeno?

Negli ultimi anni i ragazzi sembrano essere molto sensibili alla questione, tanto che si è assistito a un moltiplicarsi di micro labels  (definizioni) utilizzate per descrivere il proprio genere quando non corrisponde a quello biologico. Si parla infatti di ragazzi agender, bigender, pangender, genderfluid ecc.  Definizioni sempre più in cerca di affermazione e rispetto che la comunità LGBTQ promuove da anni, per l’emancipazione culturale dall’omofobia. Per precisare, con il termine fobia intendiamo frequentemente la paura incontrollabile. Le fobie sono tante quante possono essere le cose del mondo, le più frequenti sono: la paura delle malattie e tutto l’ambito sanitario, la paura dell’altezza, la paura di guidare, la paura degli altri, la paura degli animali, ecc… fino alle più bizzarre.
Ma fobia è un termine che viene dal greco antico e significa anche disgusto, repulsione, significato che porta inevitabilmente all’allontanamento, al rifiuto e alla svalutazione di chi è percepito come disgustoso. Ed è contro questo significato di fobia che le comunità promuovono la cultura della dignità e dell’accettazione per le persone con identità sessuali diverse da quella binaria (maschio- femmina).

Ma quando parliamo di adolescenti la questione si fa delicata. Le ricerche evidenziano come il “senso di identità e il “senso della vita” tendano a sovrapporsi in questo periodo evolutivo in cui si affrontano cambiamenti generali riferibili alle relazioni con la famiglia e con tutto l’ambiente circostante, con l’immagine e l’idea che si ha di se stessi, ai propri progetti e ai propri valori. Il processo di rielaborazione è ancora limitato perché è ancora molto forte la dipendenza dalla famiglia e dai coetanei; ma c’è anche una insufficiente maturità cerebrale dovuta alla giovane età . “Chi sono io ?” una domanda nel pre/adolescente in costante ricerca di risposta. La ricerca della propria identità è un processo, che ha bisogno di tempo, esperienze. Identità è una costruzione della memoria, prodotto delle impressioni e delle relazioni del passato, del presente.

Un problema è che i bambini di oggi tendono a essere adultizzati, iperprotetti e ipergiustificati e questo li trasformerà, inevitabilmente, in adolescenti fragili poiché, a un certo punto, saranno costretti a fare i conti con l’immagine che gli viene rimandata dai coetanei, estremamente diversa da quella di bambini “speciali” che gli veniva rimandata dai genitori. Così i fenomeni di arroganza, prevaricazione spavalderia, tipici dell’adolescenza da sempre, diventano fenomeni di bullismo traumatico. Le modificazioni sociali in atto negli ultimi anni sembrano aver reso questi passaggi più complessi, anche per il tipo di rapporto che i genitori instaurano con i figli, un rapporto che non permette la ribellione, ma obbliga i ragazzi a confrontarsi con un ideale di sé decisamente differente dai reali vissuti di un adolescente. 

Inoltre, questa fase della vita è caratterizzata da una maturazione sessuale ma anche e soprattutto emotiva e l’accesso diffuso alla pornografia quando si è ancora immaturi rischia una distorsione della realtà. 

Una ricerca mostra chealla domanda «La pornografia online ti ha dato delle idee sui tipi di sesso che vuoi provare?», il 44% degli adolescenti maschi e il 29% delle femmine hanno risposto positivamente. In Italia il 44% degli adolescenti tra i 14 e i 17 anni guarda regolarmente contenuti pornografici e si tratta di video dai contenuti quasi sempre sessisti, dove le donne sono sottomesse alla volontà degli uomini, così anche nel porno non binario. Per i giovanissimi il porno non è solo un divertissement ma anche una via possibile di identificazione, e questo è molto rischioso. Sempre più spesso accedono ai nostri studi giovanissimi preadolescenti e adolescenti, che hanno provato sensazioni forti guardando il porno, e sviluppando poi convinzioni di essere, gay, lesbica, transgender in cerca di passaggi di identità. Guardare porno non è mai neutro, il nostro sistema sensoriale, attraverso la vista e l’udito, risponde con eccitazioni più o meno intense. Le sensazioni vissute diventano così la prova provata, di appartenere al “genere” attivatore di eccitazione. La ricerca di quelle sensazioni, anche se smarriscono, diventerà un desiderio sempre più frequente, fino a diventare convinzione o ossessione con dubbi altalenanti. Non avendo gli strumenti e i mezzi necessari per affrontare le trasformazioni di questo periodo così delicato della vita, per i ragazzi più fragili non è più sufficiente rientrare in una definizione binaria di genere poiché questo non li aiuta ad individuarsi, autodeterminarsi e a dare consistenza e supporto a se stessi. Riuscire a definirsi al di là del proprio sesso biologico, diventa psicologicamente funzionale, poiché rappresenta il modo per definirsi con sé stessi e con gli altri. Una risposta alla domanda “chi sono io”.

Per approfondire:

Adolescenza in bilico di G. Nardone, E. Balbi, E. Boggiani Ponte alle Grazie ed. 2024

Aiutare i genitori ad aiutare i figli G. Nardone e l’équipe del Centro di Terapia Strategica 2012