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Il lato oscuro dell’altruismo

il lato oscuro dellaltruismo

L’altruismo si esprime in comportamenti  prosociali che avvantaggiano gli altri senza aspettative di ricompensa. Una disposizione ad interessarsi agli altri per il loro bene. Contrapposto all’egoismo che è invece l’atteggiamento di chi si preoccupa prioritariamente di se stesso, cercando di perseguire o mantenere vantaggi materiali o spirituali  a cui è gelosamente attaccato.  L’argomento altruismo si dà per scontato ma  ha costituito e tutt’ora costituisce un rompicapo evolutivo del quale si sono occupati biologia,  sociologia e psicologia. Una monumentale bibliografia sul tema che non ha trovato convergenze.

La solidarietà, presuppone un atteggiamento altruistico, è un sentimento di fraternità che nasce dalla consapevolezza di un’appartenenza comune, condivisione di fini e responsabilità reciproca. E’ impegno etico e sociale previsto anche dalla Costituzione ( art. 2). La troviamo nel Trattato di Lisbona (2007 art. 222) dove si impone a tutti gli Stati europei di agire “in uno spirito di solidarietà”. Pensiamo a tutte le organizzazioni  del Terzo settore dove una flotta di volontari – circa 6.500.00-  costituisce  circa 350.000 organizzazioni (ISTAT).

La collaborazione, tuttavia si basa su predisposizioni egoistiche controllate (Ridley M. 2012). Non siamo buoni d’animo ma abbiamo costruito società che  possono stare in piedi solo se c’è collaborazione. Ovvero ciò che funziona è il “sano egoismo”: ognuno prende dall’altro, ma  senza eccedere, perché prendendo troppo si danneggia l’altro che smetterà di dare danneggiando l’intera struttura sociale.

C’è un altro altruismo, quello patologico, basato sul sacrificio, costoso per l’individuo, il cui effetto non è così meraviglioso come il tradizionale moralismo vorrebbe indicare. L’interazione tra soli altruisti è insostenibile, poiché evolve in competizione negativa. Per mantenere  interazioni sociali, il comportamento  altruista ha bisogno di egoisti insani che prendano ciò che viene loro dato. Persone che si abituano a ricevere senza dare e senza sviluppare senso di responsabilità. Un esempio di egoismo patogeno è la famiglia italiana degli ultimi 30 anni, caratterizzata da un massiccio stile iperprotettivo dei genitori nei confronti dei figli. Questo è l’effetto del sacrificio altruistico dei genitori nei confronti dei figli che ha prodotto una realtà giovanile connotata da rilevanti insicurezze, scarso senso di autonomia e fragilità. Spianare la strada ai figli, cercando di togliere ostacoli e sofferenze, impedisce loro  di crescere scoprendo le proprie risorse e sviluppare sicurezza superando le difficoltà.

Come uscire dal dilemma?

Se dobbiamo sentirci in colpa quando facciamo qualcosa di egoistico, dovremmo sentirci ancora di più in colpa quando facciamo qualcosa di  altruistico che mette in posizione di dipendenza chi riceve attenzioni o soluzioni. Il sentirsi a posto con se stessi lo possiamo raggiungere attraverso un sano egoismo : dare per ricevere, creando relazioni di cooperazione vantaggiose per tutti con un sano scambio altruistico dichiarato. Voler fare troppo del bene rende noi stessi incapaci di costruire relazioni sane con se stessi e con gli altri.